giovedì 13 febbraio 2014

Recensione del film: The Ramen Girl

Screenshot tratto dal film. Copyright: Media 8 Entertainment, Digital Site Corporation.

Trama.
La giovane studentessa americana Abby (Britanny Murphy), abbandonata dal suo fidanzato Ethan, si ritrova sola e demotivata a Tokyo. Scontenta del proprio lavoro in uno studio legale giapponese, trova sotto casa in un Ramenya (un ristorante di spaghetti in brodo) un motivo per rimanere a Tokyo: imparare a fare i Ramen così da poter dare gioia ed emozione alle persone come ne ha provata lei assaporando gli spaghetti in brodo del cuoco Maezumi (Toshiyuki Nishida) proprietario insieme alla moglie del ristorantino. Comincia, allora, una lunga opera di convincimento nei confronti del burbero chef  per farsi insegnare l’antica arte del Ramen. Abby insegue così il suo nuovo obiettivo, scoprendo più di quanto non possa immaginare, compreso un nuovo amore.

Carinissimo film americano che entra nella cultura nipponica attraverso la sua cucina come molti altri hanno fatto attraverso le arti marziali (es. Karate Kid). Il Ramen assurge a simbolo della cultura che lo ha perfezionato negli anni con dedizione e disciplina ma soprattutto con l'amore. Questo ci vuole dire il regista Robert Allam Ackermann con questa simpatica pellicola.
C'è molto della cultura giapponese e della sua cucina in questo film. Primo fra tutti il rispetto: per le persone, per gli oggetti, per il cibo. In questo mondo sempre più veloce ci stiamo dimenticando che per le cose buone e vere ci vuole tempo e passione oltre a una buona dose di caparbietà. Tutto questo cerca di insegnare lo chef Maezumi ad Abby che invece vorrebbe fare tutto subito da buona americana. In fondo dare a qualcuno del cibo buono non significa solo farlo stare bene ma fargli implicitamente una promessa di un felice compimento del suo essere: ti nutro perchè tu possa continuare a essere, grazie anche a me, una persona più felice. Consumiamo così tante volte un pasto da dimenticarci tutto questo. La frase  いただきます itadakimasu detta dal giapponese prima di mangiare significa letteralmente "io (cortesemente) ricevo". Come a dire: ricevo questo cibo perchè qualcuno lo ha coltivato, o un animale si è sacrificato affinchè io lo ricevessi e qualcuno lo ha cotto per me con amore.
Abby non parla giapponese ma vuole trasmettere emozioni e il Ramen è il veicolo per farlo. Anche Maezumi non parla inglese. L'unica lingua per capirsi è proprio l'emozione che scaturisce dai due protagonisti e dal Ramen che li unisce.
Un film davvero godibile anche se non un capolavoro ma che saprà far capire qualcosa in più a chi non conosce questa fantastica cultura e un piccolo tuffo al cuore per chi invece è già stato in quei luoghi e in quelle locande tradizionali ha assaporato il vero Ramen!

Non voglio fare spoiler e quindi lascio a voi ulteriori commenti.


Sulla difficoltà nel reperire ingredienti giapponesi - Parte seconda

Come vi avevo accennato nella prima parte sto iniziando a coltivare da me piante giapponesi di difficile reperibilità in Italia. Per il momento ho piantato lo shiso verde che ha già germinato in due vasi per avere due raccolti scalati nel tempo.
Ho poi acquistato su ebay diversi semi:

  • Mizuna: detta anche senape giapponese assomiglia vagamente alla rucola come sapore (ma un po' meno piccante). Le foglie sono molto belle e decorative e si presato ad essere mangiate cotte e crude (ad esempio a guarnizione di un piatto di pasta e salmone affumicato) ma naturalmente il loro maggiore utilizzo è in insalata. Anche in salamoia sono eccezionali ed è proprio in questo utilizzo che voglio provarla  appena sarà cresciuta.
  • Mitsuba: detto anche prezzemolo giapponese assomiglia come sapore a un misto tra angelica e sedano. Viene usato in tantissimi piatti giapponesi come guarnizione e come elemento principale nelle insalate. Il suo sapore è fantastico accostato alle uova. Il primo piatto che voglio provare è proprio una frittata alla mitsuba (Mitsuba Tamagoyaki).
  • Aglio cinese: chiamato in giapponese Nira è l'elemento essenziale per fare i classici gyoza cioè i ravioli di carne giapponesi alla piastra tipici delle locande più tradizionali del giappone.
  • Mibuna: molto simile alla mizuna ma essendo una verdura da taglio si potranno avere più raccolti con la stessa semina.
  • Crisantemo Shungiku: è un tipo di crisantemo commestibile. In Giappone il crisantemo non c'entra nulla con i "morti" come da noi anzi è uno dei fiori più venerati basti pensare che è il simbolo della casa imperiale. Si usa nei nabemono come il sukiyaki o lo shabu-shabu.
  • Zucca Uchiki Kuri: si dice che sia la zucca più buona del mondo! E' di un arancione vivo e arriva a pesare massimo due kili rimanendo tonda. E' dolcissima e i giapponesi la mangiano caramellata o stufata ma per me il massimo è una calda tempura croccante di zucca: fantastica! ^_^
  • Gobo: questa è la mia sfida più grande! Si tratta di una radice che qui in italia viene chiamata bardana e arriva alla lunghezza di un metro e mezzo. Avendo io un terrazzo e non un giardino potete capire la difficoltà. Io ci provo lo stesso e vediamo che succede. Il gobo si mangia soprattutto cotto "kinpira" cioè scottato per pochi minuti in padella con poco olio e poi stufato con salsa di soia e mirin: una delizia!
Direi che ne ho di cose da fare e come se non bastasse ho anche acquistato dei semi di peperoncino habanero niente male.
Aspetto solo che qui a Roma smetta di piovere! Questa città ha bisogno di un orto giapponese in terrazzo (e soprattutto io!) ^_^

Stay tuned! ご期待!!!!


mercoledì 5 febbraio 2014

Sul menù di un pasto classico giapponese

Noi italiani siamo abituati fin da piccoli a uno schema mentale prettamente italico in cui il menù standard che si dipana in aperitivo, antipasto, primo, secondo e contorno, dolce e frutta. Naturalmente si può omettere uno o più piatti ma lo schema base rappresentato da primo e secondo (cioè carboidrati seguiti da proteine) fa parte di noi così tanto che tutto ciò che vi si discosta è considerato strano, esotico, altro. Così tanto che anche i libri di ricette seguono questo schema.
Anche in giappone esiste un menù prestabilito, forse ancora più rigido di quello italiano ma invece di porre l'accento su cosa è il come dove viene posto l'accento. Sono le modalità di preparazione e di cottura, la varietà di colori e consistenze che creano il menù giapponese. Anche perchè, come in gran parte dell'oriente, vige la regola di avere tutto il pasto già pronto in tavola e non il susseguirsi di un "primo" piatto e di un "secondo" piatto ma tutto insieme il più possibile tanto che alcuni cibi vengono addirittura cotti a tavola (come ad esempio il sukiyaki o lo shabu shabu).
Un menù tradizionale quindi comprende generalmente:

  • antipastini (zensai)
  • una minestra trasparente
  • sashimi (solitamente una sola varietà di pesce o crostaceo)
  • pesce o carne cotti in varie maniere (alla griglia, al forno, fritti, al vapore, etc.)
  • una verdura in piccole quantità (solitamente in salamoia o sott'aceto)
  • una ciotola di riso (spesso bianco)
  • una minestra al miso
Le quantità naturalmente sono inferiori alle nostre porzioni, si preferisce non solo la qualità alla quantità ma anche la varietà alla quantità di un singolo piatto. Non c'è un ordine nel mangiare ma si può assaggiare un piatto senza aver finito quello di prima. Anzi a dirla tutta è buona norma prima assaggiare tutti i piatti prima di finirne uno specifico (in pratica il contrario di quello che faremmo noi italiani ^_^!).
Io noto una somiglianza però nell'uso che si fa degli antipasti in regioni come il piemonte o le marche in cui ci sono tanti piccoli assaggini tanto che alla fine ci si potrebbe fermare e chiudere il pasto senza passare al primo vista la quantità e soprattutto la varietà degli antipasti assaggiati.
Un menù di tutti i giorni comprende invece cinque o semplicemente tre portate.
Ho intenzione di fare qualche post a breve in cui illustrerò in seguenza tre piatti per formare un menù completo il più facile e veloce così da provare a casa per lo stupore di amici e parenti! ^_^
STAY TUNED!!!! ご期待!!!!